Prima Squadra

ONE ON ONE: YOUSSEF MALEH

Sacrifici, passione, arrivare in Serie A. Il calcio come ragione di vita. Ecco Youssef Maleh.

11 agosto 2021

Sacrifici, passione, arrivare in Serie A. Il calcio come ragione di vita. Youssef Maleh è arrivato alla Fiorentina dopo anni di gavetta fin da bambino, ed è pronto a una nuova sfida. 

COSA SIGNIFICA IL CALCIO

"Il calcio per me è una ragione di vita. Ho iniziato all'età di 5 anni, qui in Italia dove sono cresciuto. Un anno prima del dovuto. Andavo a vedere le partite di mio fratello che era più grande e mentre lo aspettavo o ero lì fuori, mi divertivo un po’ a calciare il pallone. Io non mi ricordo alla perfezione di questo periodo però qualcosa mi è rimasto in testa. Me lo ricorda sempre mia sorella anche quando magari le fanno le domande e le chiedono come è nata questa passione. 

Poi ricordo che sin da bambino rimanevo fuori fino a dopo cena,
e mi doveva venire a prendere lei di forza per portarmi a casa (ride ndr.)".  

COME VIVI IL CALCIO

"Lo vivo molto intensamente. 

Direi che è proprio la mia passione anzi non solo la mia, direi che è quella di tutta la la mia famiglia. Sono stati loro a trasmetterla a me. E infatti anche mio fratello gioca a livelli più bassi, però ci mette il cuore, ed è molto appassionato. 

E piace anche a mia sorella che comunque segue il calcio con attenzione".

DIVENTARE PROFESSIONISTA

"Devo dire la verità: non lo avrei assolutamente immaginato.

Perché comunque quando sei bambino poi diventi comunque ragazzino e giochi perché ti piace, lo fai senza pensare a niente. E poi comunque crescendo, capisci che puoi diventare qualcuno: la passione rimane, però, dopo comunque cerchi anche di lavorare su te stesso, perché ci sono tantissime dinamiche sia dentro che fuori dal campo. 

Non è che lo capisci quando diventi professionista. Io solo tre anni fa ero in serie C.   Quindi giochi e guardi le varie categorie superiori. Quando sei in serie B guardi la serie A come un punto difficilissimo in cui arrivare. Io poi soprattutto gioco perché mi piace. 

Quindi ci sono quelle annate che non riesci magari a dimostrare quello che sei. E poi ci sono annate, come quella appena passata, che è stata incredibile. 

E poi ti ritrovi improvvisamente qui. 

Ed è più la componente mentale, cioè quanto è importante passare anche i momenti brutti per arrivare. Voglio mandare un messaggio: anche i momenti brutti fanno parte del percorso, perché comunque possono accadere infortuni o di non giocare perché il Mister magari non ti vede. 

Tutto questo fa parte del tuo percorso di crescita.

Ti faccio un esempio, all'età di 18 anni, quando fui aggregato alla prima squadra, feci sei mesi in cui il Mister, comunque magari anche giustamente, non mi vedeva. Così ho dovuto farmi le ossa nelle categorie inferiori. 

Però così non mi sono bruciato, e l’esperienza mi ha fatto crescere molto da tutti i punti di vista. 

Devi cercare di migliorarti giorno per giorno e col tempo comunque cerchi di darti obiettivi ambiziosi per arrivare a una squadra del genere". 

UN EPISODIO CHE LO HA FORGIATO

"Oltre a non giocare inizialmente a livello di esperienza è stato importante per crescere caratterialmente stare in un appartamento con altri 5 ragazzi che non che non conoscevo.  

Ti responsabilizza. 

Poi c’è stato anche un periodo in cui sono stato fermo due mesi per un infortunio. 

Direi che non c’è un episodio particolare quindi, ma la somma di tanti fattori". 

FARE SACRIFICI


"A 16, 17 anni vedi gli altri che escono e tu la domenica devi giocare, quindi non puoi uscire e magari a un giovane può pesare molto. A me no sinceramente. 

Fino ai 18 anni non ho mai sentito questo bisogno di dover uscire, quindi ero molto concentrato perché la passione del calcio superava quella di volersi divertire fuori. 

Ma fare questa carriera non è sempre facile, perché ci sono tanti altri sacrifici che devi fare. E non parlo solo del singolo atleta, ma anche di tutte le persone che ti stanno vicino.

Le persone care, i familiari che ti dedicano molto del loro tempo, fanno sacrifici per cercare di farti arrivare più in alto possibile e fare far avverare il sogno di qualsiasi ragazzo". 

COSA AVRESTI FATTO SE NON IL CALCIATORE?

"Non ci ho mai pensato perché mi son dedicato proprio al 100%. Ero focalizzato, il mio obiettivo era quello di cercare comunque di impegnarmi e dare tutto per il calcio, senza avere rimorsi e rimpianti. 

E alla fine i sacrifici fatti da me e dai miei familiari hanno portato a questo risultato". 

CURARE IL CORPO

"Ti serve per andare in campo, devi stare bene fisicamente e devi curarti. Non basta farlo in allenamento, ma anche fuori. 

Per esempio ti danno le vacanze ma devi stare sempre sul pezzo, magari acquistando materiali per allenarti. 

A me è successo soprattutto in categorie inferiori. 

Così devi investire su te stesso andare dal nutrizionista che alla Fiorentina c’è, ma in altre realtà magari no". 

IL TEMPO LIBERO

"Dipende dai momenti. 

Mi rilasso leggendo parecchio, sia libri - l’ultimo parla della battaglia di Verdun - che articoli, non necessariamente legati allo sport, per restare aggiornato.  

Detto tra noi però abbiamo poco tempo libero. 

Convivo con la mia ragazza e stiamo facendo questo percorso di crescita insieme, pur essendo giovani".   

LE PRIME SETTIMANE IN VIOLA

"Sto imparando molto. Sono passati una quindicina di giorni, quindi non è molto per valutare, ma di sicuro posso dire che è un sistema di gioco diverso da quello con cui ho giocato nei mesi precedenti. 

Il mister mi sta dando consigli tattici e io cerco di fare quello che ci chiede. Sento la fiducia dall'ambiente, dalla società. 

Io mi ricordo quando c’è stato l’annuncio a gennaio, poi sono arrivati altri sei mesi pazzeschi con la conquista della Serie A a Venezia. 

La Fiorentina ha puntato su di me e io cercherò comunque di ripagare la fiducia che mi è stata data, dimostrandolo in campo".

LA COMUNICAZIONE NEL CALCIO

"Anche i modelli di giocatori che segui in campo sono quelli di qualche anno fa, campioni che magari giocavano 10 anni fa e ti viene un pò spontaneo cercare di apprendere dai più grandi, anche nei comportamenti fuori dal campo. 

Anche le domande spesso sono le stesse e quindi anche le risposte vanno di conseguenza. Poi ti viene automatico rispondere ‘pensiamo alla prossima partita’ perché è così, non ti puoi soffermare mai nel nostro sport su di un risultato, devi sempre guardare avanti. 

Magari rivedere gli errori commessi in una partita e poi cercare di migliorarti, ma non ti puoi permettere di guardare troppo indietro, se non per correggere qualche difetto. 

Se no non progredisci mai nel tuo gioco".

IL CENTROCAMPISTA

"Diciamo che il centrocampista deve saper attaccare e difendere. 

Ma ogni ruolo nel calcio di oggi ha molte più responsabilità. Per esempio, abbiamo chiesto al difensore anche di impostare, se non al portiere direttamente, quindi tutto è cambiato molto. 

All’attaccante d’altra parte viene chiesto sia di fare gol, ma anche di difendere, di essere il primo difensore. 

E veniamo al mio ruolo,  il centrocampista: di sicuro è molto completo, bello e difficile,  sei in mezzo al campo e in teoria dovresti toccare tanti palloni. 

Ma è anche un ruolo di sacrificio perché devi applicarti nelle due fasi con grande lucidità. 

Devi scegliere i momenti e leggere le situazioni". 

L'IMPATTO CON FIRENZE

"Lo stadio ancora non l'ho vissuto a pieno però sento che c'è molto calore. 

Comunque si sa che Firenze è una piazza molto calda e anche solamente in ritiro ci sono tantissimi tifosi che ti chiedono la foto, cercano di caricarti, anche se siamo appena all’inizio della stagione. 

Però sono tutte energie che ti arrivano in vista del campionato. 

Per me sono tantissime emozioni dai più piccolini e anche ai più grandi".

LE CITTÀ D'ARTE 

"E’ un punto fondamentale, per me è importante anche l’ambiente e la città dove scegli di vivere o lavorare.

Per te e per la tua famiglia. Venezia come città l’ho vissuta poco purtroppo perché mi allenavo e vivevo a Mestre. 


A Firenze vengo con la mia fidanzata, con cui stiamo facendo un percorso di crescita insieme ed è un posto meraviglioso dove poter stare.

Credo riesca a darti al tempo stesso stimoli e serenità mentale”. 

VIAGGIARE

"Mi piace moltissimo viaggiare, adesso con questa pandemia è stata un pò difficile purtroppo. 

Adoro i posti di mare, le coste dell’Italia e non solo per il paesaggio. Qui dovunque vai scopri posti fantastici e al tempo stesso vivi bene e puoi mangiare cose diverse e buonissime. 

All’estero mi piacerebbe tornare in Marocco per esempio, è da anni che non ci vado". 

L’AMICIZIA NEL CALCIO

"Sono una persona riservata ed umile, cerco di non farmi vedere ‘fragile’ e farmi rispettare. Non do molta confidenza. 

Al momento non sono così famoso da temere che qualcuno possa avvicinarsi solo per un secondo fine. 

In campo invece cerco di metterci personalità e credo che quando scendi sul terreno di gioco non rappresenti te stesso, ma una società, una squadra e la passione di tanta gente. 

Il calcio deve essere divertimento e passione, quando si va in campo non devono pesarti il numero di spettatori o l’ambiente più o meno caldo. 

Sinceramente non mi spaventa giocare davanti a 10, 20 o 70 mila tifosi,
quando scendi in campo lo fai per difendere la tua maglia e far vincere la tua squadra". 

IL FANTACALCIO

"Ci gioco con gli amici e i compagni, e quest’anno ci sono anche io (ride ndr.) però devo anche dire che per me è un passatempo dove conta molto la fortuna… 

per non dire un'altra parola…".

MALEH TRA 20 ANNI

"Non c'ho ancora pensato, però mi piacerebbe comunque continuare nel mondo del calcio. 

Vista la mia passione sarebbe molto bello. 

Io penso che una persona debba fare quello che gli piace fare”.

Intervista di Vieri Capretta (@VieriCapretta), con la collaborazione di Luca Giammarini 

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